MER-B? No, solo una grande Opportunità.

in Cultura/Una finestra sul Mondo

Se ci fosse un nome per indicare quelli della mia generazione, forse quello più evocativo, quello più ‘poetico’ sarebbe la ‘Moon Generation’.

Quelli nati tra il 1968 e il 1969, infatti, pur nella magnifica, pura, angelica inconsapevolezza della primissima infanzia, si sono potuti dire testimoni di un’impresa eccezionale dell’Umanità: la conquista della Luna.

Quel 20 luglio 1969, coi nostri occhietti sempre un po’ annoiati ed assonnati, sorretti a mezz’asta dai nostri genitori tutti esaltati dal grande, storico momento, davanti alle televisioni rigorosamente in bianco e nero che avevamo all’epoca, abbiamo assistito, con la telecronaca del mitico Tito Stagno, all’allunaggio di Armstrong ed Aldrin (Collins, poverino, era rimasto in orbita per riportare i suoi compagni a casa dopo l’allunaggio).

Conquistata la Luna con una serie di imprese storiche (fatta eccezione per lo sfortunato Apollo 13, che mancò la Luna e rischiò di perdersi nello spazio profondo), dagli anni Novanta, dopo la lunghissima vita dello Shuttle Atlantis, la Nasa e l’ESA hanno collaborato per la realizzazione di un sogno: quello della conquista di Marte.

Il Pianeta Rosso non è fuori dalle nostre possibilità, ma prima di inviarvi i primi astronauti era necessario conoscerlo meglio: e la visione al telescopio non era ritenuta sufficiente.

Nasce così, moltissimi anni fa, una trentina circa, il progetto di inviare sul nostro ‘pianeta cugino’ dei rover, degli automi semoventi che potessero svolgere in piena autonomia riprese, esperimenti, verifiche ‘on the field’.

Fu così che, nell’estate del 2003, col fiato sospeso per la temerarietà dell’impresa, la NASA ha lanciato verso Marte il MER-B 1 ed il MER-B 2 (MARS EXPLORATION ROVER 1 – 2).

Progettati per durare tre mesi o poco più, questi due rover, capaci di muoversi fra rocce, in crateri e in condizioni atmosferiche che qui da noi ci farebbero paura, sono durati invece, uno cinque anni abbondanti, ed OPPORTUNITY, quello di cui parliamo oggi, ben quattordici anni, diventando così il più grande successo di un’esplorazione spaziale a targa USA.

In 5111 giorni di permanenza su Marte, la sonda Opportunity ha potuto inviare qui sulla Terra milioni di dati di ogni tipo sull’atmosfera, sulla composizione del terreno, sui fenomeni meteorologici, sismici, vulcanici del nostro pianeta cugino, arricchendo le conoscenze degli scienziati in vista del primo ‘ammartaggio’ che si spera di poter realizzare entro il 2050, per chi avrà, come noi nel 1969, la fortuna di vederlo.

Opportunity è stato dichiarato ufficialmente ‘morto’ dalla NASA il 13 febbraio 2019: ma per tutti noi, come avviene per gli eroi che conquistano l’eternità, le sue ruote ed i suoi occhietti elettronici sono ancora in cerca della verità sulla superficie del Pianeta Rosso.