Mercoledì, 29 Novembre 2023

Santoriello: 'Lo studio del passato ci fa sentire tutti più europei''

L’evento culturale promosso venerdì 12 luglio ci ha ricordato da dove veniamo. Importante è stata l’osservazione del Prof. Stephane Verger, accademico parigino, che in chiusura ha ricordato come l’archeologia e lo studio del passato possano farci sentire più europei, in quanto tutti figli della stessa culla, il Mediterraneo. Tanti ricercatori e docenti, anche lucani, hanno dimostrato per l’ennesima volta l’importanza della ricerca archeologica, leva di sviluppo civico e turistico. La storia di Policoro è partita dall’Asia Minore, da una polis dedita all’esercizio della cavalleria, Kolophon, la cui storia è stata illustrata dal Prof. Verger. Il Prof. Rescigno partendo dall’architettura ci ha fatto riflettere sulle dinamiche di diffusione delle tecniche costruttive sia edili, i tetti dorici e a rosetta, sia nel funzionamento delle botteghe e quindi delle tecniche coroplastiche, che nonostante le diversificazioni stilistiche, potevano essere ricondotte alla medesima bottega. Un collegamento affascinante è stato il riprendere la tesi della Prof.ssa Mertens che vede un filo conduttore nella migrazione del “tetto a rosetta” da Olimpia a Siris. La Dott.ssa Dell’Aglio ha ripercorso la frammentata storia archeologica di Taranto offrendo nuovi spunti di ricerca; il Prof. Bianco con le archeologhe policoresi Crupi e Pasquino ha ripercorso gli ultimi anni di scavi a Policoro aggiornando un quadro culturale e demografico  più attivo ed aperto che mai. Sono stata diffuse le immagini di un antico “versatoio” ritrovato a Policoro recentemente, oltre al rendiconto di tutto ciò che è stato rinvenuto negli scavi attigui alla zona dell’ospedale: il tutto illustrato dalla dott.ssa Pasquino, mentre la dott.ssa Crupi ha anticipato la volontà  di intraprendere un progetto di ricostruzione della coroplastica funeraria policorese. La Prof.ssa Giardino ha illustrato il rapporto tra spazi produttivi ed abitativi, riportando esempi di fornaci inglobate nelle abitazioni per la cottura delle tegole. A ciò si aggiungeva la presenza di almeno due telai per abitazione. Proprio la tematica della tessitura e dell’attività laniera sono state l’oggetto della relazione del dott. De Meo. L’intervento del dott. Zuchtriegel ha ripercorso le questioni fondiarie di Heraclea, mettendo in discussione la democraticità della distribuzione delle terre che avevano fitti elevati. Analogo discorso ricostruttivo è stato affrontato relativamente alla misurazione dei terreni, tracciando digitalmente un nuovo è più dettagliato paesaggio agrario.  Con il Prof. Roubis abbiamo ripercorso la storia d’Anglona e di Pandosia, analizzandone le zone d’influenza ed i rapporti con Heraclea. La Prof. Sogliani ha aperto con l’età tardo-antica nel Metapontino per giungere sino all’età basso - medievale, illustrando l’impatto territoriale sia dei conflitti politici che di quelli religiosi, con rimandi all’attività agraria dei monaci così come alle architetture religiose della zona, importanti testimonianze sia del passaggio normanno e quindi riconducibile al’influenza cassinese, sia carolingio per quanto riguarda alcune soluzioni costruttive del Santuario d’Anglona. Stimolante è stato il dibattito di chiusura relativo alla portata del commercio tessile che era incentrato nell’area urbana eracleota, non nelle campagne, e probabilmente abbracciava rotte d’esportazione più marine che interne. Sia il Prof. Osanna che il Dott. Zuchtriegel hanno confermato non solo la valenza storica del sottosuolo policorese ma anche l’importanza per le nuove generazioni che volessero scegliere corsi di studi archeologici di non guardare al mero mercato ma alla passione, vero capitale in un momento di crisi come questo che solo nel turismo culturale, e quindi nell’archeologia, può trovare un fattivo piano di sviluppo. Parte dei contenuti trattati nel convegno sono editi sul volume “Nuove ricerche su Eraclea e la Siritide – Ed. Osanna” mentre per i dati inediti si aspetta una futura pubblicazione degli atti del convegno.

Giorgio Santoriello

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