Sabato, 23 Settembre 2023

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“Miglior panificio d’Italia a Bakery 3.0”, trionfo lucano: premiata l'azienda Telesca Mastri Fornai di Atella

Lunedì, 22 Ottobre 2018 16:03 Written by

MILANO. Telesca Mastri Fornai di Atella trionfa alla quarta edizione del premio “Il miglior panificio d’Italia a Bakery” nella categoria “miglior produzione”, vale a dire che “il panificio si è particolarmente distinto per l'originalità e l' eccellenza della gamma prodotti, per l' innovazione della produzione e per la ricerca di nuove nicchie di mercato”.
I titolari del panificio, Emilio e Donatella, alla terza generazione di panificatori, hanno così commentato: “Siamo orgogliosi di aver ricevuto questo riconoscimento. Ci siamo arricchiti di tanti stimoli grazie al confronto avuto con altre realtà. E’ così aumentata in noi la voglia di fare sempre meglio”.  Emilio e Donatella producono pane, focacce e pizze rigorosamente cotte a legna. Ma non solo: pani speciali fatti con avena, mais, soia e cereali antichi. E poi i biscotti tradizionali (calzoncelli fritti con castagnaccio, mostaccioli). Pasticceria secca: baci dama, viennesi, lingue di gatto macarons. Ci sono anche i biscotti alternativi (senza latte e derivati, senza glutine, senza uova). E, infine: Cioccolatini e il tanto apprezzato panettone alle castagne glassate. “Un grazie particolare va ai nostri clienti che in questi anni ci hanno sempre dato fiducia e che con i quali vogliamo condividere questo premio”, hanno aggiunto infine Emilio e Donatella. Il premio “Miglior Panificio d’Italia” è organizzato da “Il Panificatore Italiano” ed è giunto alla sua quarta edizione. Ha come scopo quello di individuare le realtà imprenditoriali del settore che si sono distinte per innovazione di prodotto, organizzazione e comunicazione. Compito della giuria – interamente composta da tecnici e professionisti del settore – è quello di individuare, tra tutte le candidature spontanee, la vincitrice per ognuna delle seguenti classi: miglior organizzazione, miglior produzione, miglior comunicazione.

Gianluca Pizzolla

ADELITA: I LAMPONI “MADE IN SUD”

Lunedì, 24 Settembre 2018 10:22 Written by

In Basilicata e Campania la produzione di lamponi nei mesi invernali è ormai una realtà consolidata

FRANTOI APERTI – COSì NASCE L’OLIO D’OLIVA. UNA GIORNATA AL MOOM DI MATERA

Mercoledì, 06 Giugno 2018 13:23 Written by

L’esigenza di aprire un frantoio al pubblico si fa sempre più impellente negli anni. Sempre più necessaria (ed ancor più nel prossimo futuro) da quando sta prendendo piede la malsana idea che l’olio nasca nelle bottiglie del supermercato. Un po’ come la questione della cicogna coi bambini, se non peggio.

CIBO - Il primo corso di cucina del recupero

Venerdì, 08 Giugno 2018 13:28 Written by

POTENZA - Il corso “Cucina con gli scarti” ha preso avvio, nelle scorse settimane, a Potenza. In uno tra i contesti regionali, secondo l'Istat, tra i più poveri d’Italia.

Ad organizzarlo, la Parrocchia di Santa Maria del Sepolcro, da sempre a servizio del prossimo: dalla mensa per i meno abbienti al recupero delle eccedenze alimentari. Grazie anche alla cospicua e attiva collaborazione di cittadini e volontari: cuochi, sacerdoti o laici, disposti a cedere il loro tempo libero a bisognosi e indigenti.

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AGRICOLTURA - CIA A SOSTEGNO “PROGETTO NOCCIOLA ITALIA”

Lunedì, 09 Aprile 2018 15:05 Written by

Il “Progetto Nocciola Italia” promosso dalla Ferrero per una nocciola di qualità e una filiera sostenibile, tutta italiana, a supporto dell’intero comparto agricolo con 20 mila ettari di nuove piantagioni da sviluppare entro il 2025, rappresenta un’opportunità per gli imprenditori agricoli della Basilicata dove da anni è in produzione lo stabilimento di Balvano, una tra le realtà produttive più importanti del Gruppo alimentare italiano e della regione. E’ quanto sottolinea la Cia-Agricoltori di Basilicata evidenziando l’esigenza di fare il punto sullo stato di attuazione dellaccordo di programma sottoscritto nel 2015 da regione, Ismea e Ferrero con il quale si prevede lo sviluppo della corilicoltura in Basilicata. I dati della produzione di nocciole di fonte Istat sono fermi al 2010: gli ettari coltivati a nocciolo erano solo due, tutti in provincia di Potenza, con un raccolto stimato di soli 43 quintali. La situazione del comparto nel corso degli anni è migliorata ma c’è un potenziale enorme da sfruttare sul piano di nuove coltivazioni in tante aree vocate e in quelle in abbandono o comunque sottoutilizzate, in particolare delle zone interne.

Sempre l'accordo Ferrero - Basilicata – Ismea, che continua ad essere una buona base di partenza, favorisce il consolidamento di una efficiente filiera agroindustriale, realizzando azioni volte alla promozione di uno sviluppo sostenibile. La Regione, dal canto suo, mediante il Programma di sviluppo rurale 2014-2020, è impegnata a contribuire a sostenere ed ad incentivare il comparto della nocciola, mentre Ismea a mettere a disposizione le proprie competenze nel settore anche nella fase di realizzazione del progetto tramite i propri strumenti istituzionali di sostegno anche economico-finanziari. Ferrero si rende disponibile a cooperare per lo sviluppo del progetto prevedendo la stipula di contratti di fornitura con gli agricoltori.

Non si sottovaluti che il nostro Paese rappresenta oggi il secondo player a livello mondiale con una quota di mercato di circa il 12% della produzione globale di nocciola e segue a distanza la Turchia che rappresenta il 70% del mercato complessivo. L’Italia però ha un grande potenziale di sviluppo grazie ad un territorio che, da Nord a Sud, è particolarmente vocato alla coltivazione di eccellenti varietà di nocciola. Ad oggi in Italia vengono dedicati oltre 70.0000 ettari di terreno alla coltura della nocciola, con una produzione media di nocciola in guscio di circa 110.000 tonnellate/anno (dato medio/anno ultimi 10 anni). Il risultato auspicato dal Piano Nocciola Italia è quello che, entro 7 anni, 20.000 ettari di nuovi noccioleti (+30% circa dell’attuale superficie) possano essere sviluppate. Sebbene la Ferrero soddisfi i propri bisogni di nocciole fornendosi da aree produttive localizzate in varie parti del mondo, mediante il Progetto Nocciola Italia una specifica attenzione sarà rivolta alla produzione italiana. 

 

L'amaro dei Lucani. Storia di quel liquore nato tra i biscotti.

Mercoledì, 10 Gennaio 2018 09:05 Written by

Stava per partire per l’America, Pasquale VenaStava per imbarcarsi assieme ai suoi fratelli. Vuoi perché il lavoro mancava, vuoi per il mito, l’idea, il sogno di salpar l’Oceano. Vuoi perché il figlio del vicino ce l’aveva fatta, lì in America.

BIODEGRADABILI - Gli antichi Romani, la spesa, dove la mettevano?

Venerdì, 05 Gennaio 2018 09:23 Written by

Impazza la questione dei biodegradabili per la frutta; d'altro canto è già da qualche anno che, in effetti, paghiamo i sacchetti della spesa. Ma Santippe, Cornelia, le donne romane o magnogreche che passeggiavano per i mercati della Policoro antica, le mele, dove le mettevano? Ne abbiamo parlato con Anna ed Annarita, giovani archeologhe policoresi della Soc. Coop. "HERA" a.r.l..

Ragazze, insomma, questa spesa come si portava a casa nell’antichità?

Dalle fonti iconografiche possiamo desumere che le donne dell’antica Roma girassero per i mercati con ceste, generalmente di paglia, e anfore o contenitori simili in caso di acquisto di liquidi. Insomma è plausibile supporre che l’uso di andare a far la spesa avendo cura di portare con sé la “sportina” non sia stata di certo una nostra invenzione!

 

Accumuli di cibo comportano accumuli di rifiuti. Le lische delle alici diventavano garum, la cenere dei fornelli diventava detersivo. A casa Cicerone in quale altro modo si faceva la differenziata?

In un certo senso la forma mentis degli antichi preveniva il riciclo stesso. La parola chiave era: conservare! Conservare soprattutto il cibo per avere scorte sempre disponibili durante tutto l’anno. Essiccazione, affumicatura e molte altre tecniche ben documentate ne sono la prova. Però, parlando di riciclo in senso stretto e uscendo dai confini della domus, c’era una pratica a dir poco singolare: il riuso delle urine. È chiaro che soltanto l’idea risulta raccapricciante, eppure secondo quanto riferitoci da Columella le urine erano preziose per alcune terapie veterinarie e per migliorare la coltivazione del melograno. Pare che fossero quasi miracolose anche per sbiancare le toghe nei cicli di lavaggio. Insomma, davvero possiamo dire che i Romani non sprecavano proprio nulla!!

 

Bologna – notizia degli scorsi giorni – accoglie i rifiuti della Capitale. Nell’antica Roma, invece, i rifiuti sono mai stati un problema?

Purtroppo si! Non abbiamo notizie dettagliate su dove fossero riversati e smaltiti i rifiuti, ma la lex Iulia Municipalis del 45 a.C. fa riferimento all’utilizzo di "carri per l’immondizia". Una buona parte di rifiuti era eliminata attraverso le fogne, di cui tutte le grandi città erano munite. Tuttavia, pare che di notte, dalle finestre, si gettasse qualsiasi cosa, al punto che Giovenale in una delle sue composizioni raccomanda di fare testamento prima di uscire di casa con il buio poiché al malcapitato di turno poteva piovere addosso di tutto!...

 

Curiosità: spesa, mercato, cibo. Cosa preparava la donna romana nel giorno della dea Diana (quella che poi è diventata la nostra Epifania)?

Per i nostri cari Romani il periodo che va sostanzialmente dalla metà di dicembre a gennaio era periodo di festa. Il 20 dicembre, ad esempio, si celebrava la festa dei sigillaria, in cui parenti e amici si scambiavano doni di buon augurio. In questa occasione ai bambini si regalavano delle bamboline a tre seni, probabile riferimento alla Diana efesina o alla dea latina Strenna, realizzate con un impasto molto dolce simile al nostro marzapane. È possibile pensare quindi che già in età antica questo fosse il periodo in cui ci si concedesse qualcosa in più del solito anche dal punto di vista alimentare.

La nostra Epifania, come molte altre festività, affonda le sue origini nel mondo pagano. Era la festa che celebrava la vegetazione che spuntava con il nuovo anno, una sorta di rinascita della Natura a cui era legata la dea Diana. Proprio lei, secondo la tradizione, volava di notte nella prima settimana di gennaio con il suo corteo di ninfe sui campi per scongiurare il pericolo di grandine che avrebbe compromesso i raccolti.

 

Le nostre nonne insegnano a non buttare via niente e dal pane raffermo, ad esempio, ricavavano le polpette. I Romani, invece, come se la cavavano in fatto di "riciclo" del cibo?

Apicio ci fornisce la ricetta di un dolce ottenuto con il pane raffermo che consiste nel bagnare il pane raffermo nel latte, friggerlo e cospargerlo con il miele. Sempre a proposito di riuso mi viene in mente che è documentato l'uso delle fecce di vino nella cosmesi, per tingere le labbra a mo’ di rossetto.

 alba gallo

 

CIBO - Cosa mangiano gli Italiani per l’Epifania?

Giovedì, 04 Gennaio 2018 10:49 Written by

Tutte le feste porta via, va bene. Ma cosa mangiano gli Italiani il sei gennaio?

Festività dalle origini pagane, per molti popoli antichi - l’Epifania - coincideva con l’inizio del nuovo anno.

Festeggiata bruciando un pezzo di legno per allontanare le privazioni del passato, si celebrava in alcune zone della penisola portando a tavola i propri animali d’allevamento.