Venerdì, 31 Marzo 2023

Charlie e la fabbrica… delle meraviglie

Il posto sembrava un’immensa tana di coniglio, con gallerie che si aprivano da una parte e dall’altra in tutte le direzioni.
«Vi prego di notare che tutti questi corridoi sono leggermente in discesa!» gridò il signor Wonka. «Stiamo scendendo sottoterra! Tutti i locali più importanti della mia fabbrica si trovano ben sotto il livello della superficie».
«Come mai?» chiese qualcuno.
«Non ci sarebbe proprio spazio per tutto lassù!» rispose il signor Wonka. «I locali che stiamo per visitare sono enormi! Sono più grandi di campi da calcio! Nessun edificio al mondo sarebbe abbastanza ampio da contenerli! Invece qui sotto, nelle profondità della terra, ho tutto lo spazio che voglio! Non ci sono limiti - tutto quel che devo fare è scavare».  (La fabbrica di Cioccolato, Roal Dahl, 1964)


Willy Wonka era il migliore dei pasticceri, il più creativo, il più entusiasta, un vero genio che stava spazzando via la concorrenza. Le altre industrie avevano allora iniziato a mandare degli operai-spie nel suo immenso laboratorio per ottenere i segreti delle sue impareggiabili ricette. Fu che così che presto le golose ed incredibili invenzioni del grande cioccolatiere vennero imitate senza scrupolo.
Wonka non poteva accettare tale scacco: licenziò tutti gli operai e chiuse la fabbrica. Eppure, i passanti erano sicuri che ancora qualcuno lavorasse lì dentro, l’aria era impregnata dell’odore squisito del cioccolato fuso, i cui fumi uscivano indefessi dai comignoli dell’edificio, e avrebbero giurato di aver visto delle strane ombre muoversi accanto alle finestre. Ombre indefinite, minute e sveltissime, ma certe.
Charlie Bucket adorava le tavolette di cioccolato Wonka e ne avrebbe mangiate a volontà, ma la povertà che schiacciava avidamente la sua sfortunata e numerosa famiglia gli concedeva un’unica tavoletta nel giorno del suo compleanno. E Charlie la conservava a lungo, il più a lungo possibile, e una volta concessosi il primo piccolo morso riusciva a farsi bastare quel dono per più di un mese.
Ma giunto l’inverno, Charlie, che mangiava solo misere dosi di zuppa di cavoli, non faceva altro che pensare al cioccolato. Quanta energia gli avrebbe fornito! Quanto calore e quale dolcezza! La tentazione era forte davvero, almeno quanto la necessità di sopravvivere al gran freddo.
Nel frattempo Wonka, dopo dieci anni di assoluta riservatezza, aveva finalmente riaperto i cancelli della sua fabbrica e aveva indetto un concorso: avrebbe permesso una visita guidata al suo laboratorio ai cinque fortunati bambini che avrebbero trovato i biglietti d’oro nascosti nelle sue tavolette di cioccolato. Ma non solo: ognuno di loro avrebbe vinto una scorta di dolci a vita.
Assolutamente irresistibile. Il mondo intero s’immerse nella caccia ai lasciapassare dorati.  Sembravano tutti impazziti. Tutti tranne Charlie, il quale era cosciente di non avere chance giacché poteva scartare un’unica tavoletta in un anno.
Ma la fortuna si trovava a passare da quelle parti. Charlie stava rientrando a casa quando notò una moneta scintillante dimenticata sotto la neve. Quella moneta era destinata ad un unico scopo: comprare una tavoletta Wonka per vincere la fame. E un giro alla fabbrica del più rinomato pasticcere del mondo. Sì, Charlie era il quinto bambino scelto dal destino. E appena in tempo: la visita era prevista proprio per il giorno successivo.
Le sorprese erano appena iniziate per Charlie. Il luogo che stava per visitare era il santuario dei dolci, un immenso labirinto di gioie per la gola, un vero e proprio regno magico. E si trovava sottoterra, come la Bat-Caverna, ma soprattutto come la tana del Bianconiglio.
Ebbene sì, Charlie e Alice hanno tanto in comune. Entrambi si ritrovano per caso in un posto sotterraneo e intricato che si estende in lungo e in largo. Entrambi incontrano personaggi-guide estremamente strambi. E quel Wonka, non è matto quanto il Cappellaio? Non è ossessionato dal tempo come il Bianconiglio? E non è enigmatico ed irriverente al pari dello Stregatto? E non vuole sempre aver ragione, proprio come la Regina Rossa? E le canzoncine degli Umpa Lumpa, quegli esserini buffi e scorbutici che venerano Wonka, non sono forse istruttive quanto i canti e le filastrocche dei vari personaggi che Alice ha l’onore di conoscere?
E ancor più che da Charlie forse Alice potrebbe essere compresa dagli altri bambini vincitori. Tutto ciò che Alice ingeriva nel Paese delle Meraviglie le provocava strane reazioni, continue e scriteriate metamorfosi. Ed è appunto questa la sorte che tocca ai ragazzini viziati che disobbediscono al “padrone di casa”.
Certo, quello di Alice è stato solo un sogno, ma come annunciava il biglietto di Willy Wonka “Neanche nei vostri sogni più folli avreste potuto immaginare che cose del genere potessero accadere a voi!”.
Sorprese e meraviglie che non potevano non attirare l’attenzione di Tim Burton, il quale ha ben sintetizzato il meglio della versione cinematografica precedente (“Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato” di Mel Stuart, 1971) e del romanzo di Roal Dahl. Ma la ciliegina è arrivata nel 2010 con “Alice in Wonderland”, dove il Johnny Depp - Cappellaio Matto, lungi dal ricordare l’originale (francamente solo la taglia del cappello richiama quello di Carroll), sembra un Willy Wonka piombato nel mondo di Alice. Un Willy Wonka rabbonito e dolce perché non ha bisogno di punire Alice né di darle una bella lezione come ha dovuto fare con l’ingordo Augustus, la maleducata Violetta, l’arrogante Veruka e il teledipendente Mike. Un Wonka-Cappellaio che regala qualcosa ad Alice, come già aveva fatto con Charlie: una fabbrica di fiducia e felicità.

Sara Calculli

Read 2536 times Last modified on Giovedì, 07 Luglio 2016 09:49
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