Giovedì, 28 Settembre 2023

“A moment of being”, omaggio a Virginia Woolf

Ci sono giorni che sembrano non volgere mai al termine. Il tramonto illumina e colora l’orizzonte, scende la sera e infine s’alza la luna nel cielo. Eppure la notte tarda ad arrivare lì fuori. Forse perché le tenebre, quelle che davvero scuriscono l’anima, sono sempre state qui: con e dentro di me.

Sono questi i giorni che scorrono senza che io me ne accorga. Come se non mi fossi ancora svegliata e stessi vivendo un sogno in cui lo spazio-tempo sfugge al mio controllo.Sono questi i giorni in cui il mio unico desiderio è quello di aprire un libro e lasciarmi trasportare altrove, come sul “più veloce vascello per andare lontano”. È così che ricordo quel pomeriggio uggioso dell’ormai lontano novembre 2011 in cui avevo tra le mani “Una stanza tutta per sé” di Virginia Woolf. Un testo universitario come gli altri fino a quando non ho letto le prime righe.

Mi sono bastate quelle duecento battute per scacciare la nebbia di una giornata senza schiarite.

Non ero più nel mio letto, ma sulle rive di un fiume. Non a Roma, ma a Londra. Non alla Sapienza, ma a Cambridge. Ero sovrappensiero come sempre, intenta a riflettere su un tema a me caro, la cui soluzione mi sfuggiva. E Virginia ha saputo descrivere la mia lotta con quel pensiero birichino che saltellava qua e là come un pesciolino che non si lascia acchiappare dall’esca.

Da quel momento, da quell’inaspettata e splendida metafora, ho sperato che il tempo si fermasse e che il giorno non finisse più, che nessuno mi disturbasse e che lo studio potesse aspettare. Volevo rimanere sola col mio libro e col mio pensiero, volevo sapere come Mary Beton avrebbe risolto la questione.

Virginia ha cambiato quella mia giornata tetra da perfetta “studentessa in crisi”. Eppure avevo rimandato quella lettura per così tante ore che all’epoca dei fatti erano diventate settimane. E questo perché ero convinta che in “Una stanza tutta per sé” avrei trovato uno sterile femminismo isterico. Invece ci ho trovato la vita. Ho iniziato a leggere un libro per conoscere una storia, invece ho scoperto un mondo.

Così la mia giornata come tante era diventata un giorno decisivo per la mia carriera universitaria e, molto di più, per la mia esistenza. Virginia sarebbe entrata a far parte della mia tesi di laurea e della rosa dei miei autori. Avrebbe cambiato tante delle mie scelte, come solo una fidata amica sa fare, avrebbe ispirato il mio modo di vivere e pensare, cosa in cui solo la migliore delle madri potrebbe riuscire. In pochi mesi avevo divorato la sua (quasi) intera bibliografia. Avevo letto il suo diario e mi ero lasciata illuminare dalle sue emozioni, dalla sua tragica passione per la scrittura. Sentivo di aver trascorso con lei i giorni più importanti della mia crescita personale. L’avevo amata, l’avevo odiata, ora ammirata, ora criticata, come accade con tutti i più Grandi.

Virginia mi ha insegnato a guardare la realtà nella sua immensa totalità. Mi ha fatto vedere come ogni parola può diventare un’immagine, una frase una pennellata, una pagina un affresco. Mi ha fatto conoscere scrittrici e romanzi di cui nessuno mi aveva parlato prima d’allora. Mi ha dato il coraggio di continuare a leggere e scrivere, di imparare e di credere che nulla è perduto. Mi ha convinta ad abbracciare una causa e mi ha fatto capire che il femminismo ha tante sfumature. Mi ha sussurrato in un orecchio di non prendermi troppo sul serio. Mi ha fatto sorridere di fronte alle nostre miserie e mi ha fatto cancellare il termine “arrendersi” dal mio vocabolario.

Virginia ha fatto tanto per me, ma non lo saprà mai. Ogni volta che riguardo anche solo la copertina di un suo libro o una sua foto ho un “moment of being”, un’epifania come direbbe Eliot: qualcosa dentro di me si smuove e sento il cambiamento travolgermi e avvolgermi come un abbraccio, come una musica che non si può rifiutare di ballare. È una spinta, una sonora pacca sulla spalla, una voce che sa sempre rispondere alle mie domande.

Ecco perché anch’io vorrei dirle qualcosa. Vorrei ringraziarla perché se oggi io, come tante altre, sono qui a scrivere è anche per merito suo. Vorrei sapesse che sarebbe stata un’ottima madre. Anzi, lo è: è la madre di tutte le bambine, le ragazze e le donne che amano leggere, scrivere, istruirsi.

Sara Calculli

 

Read 2622 times Last modified on Giovedì, 07 Luglio 2016 09:49
Rate this item
(0 votes)