Più di 30 tele, in un percorso che ha voluto introdurre gradualmente i visitatori al giusto apprezzamento delle opere esposte cominciando dal giardino di casa Dimatteo, splendidamente allestito e decorato con tessuti pregiati, suppellettili e piante di antica tradizione locale.“In queste tele sono veramente io”, esordisce Dimatteo in un breve incontro alla vigilia della chiusura della mostra, e prosegue: “ho usato in questi quadri tutta una tavolozza di colori freddi e tele di dimensioni inusuali perché mi esprimo meglio su spazi di grandi dimensioni”, lasciando intendere che la novità dell’esposizione non è solo rintracciabile in una sorta di avvicinamento all’astrattismo o nell’uso straordinario e sorprendente del colore come protagonista assoluto delle opere, bensì in un’idea di “incontenibilità” di emozioni,sensazioni,ricordi e riflessioni alla base dell’ispirazione che ha dato forma alla mostra.
Un mix di toni freddi ma tanto brillanti da catalizzare l’attenzione dell’osservatore, accende di passione smisurata margherite, frutti, paesaggi,volti dai tratti morbidamente accennati sul contrasto di basi che imprimono alle tele quella pungente forza che deriva dell’espressività e dall’esperienza pluritrentennale dell’artista. Decine di fiori si adagiano sulle tele come fossero accarezzate da una leggera brezza, senza che i loro steli ne sembrino appesantiti o smossi: rimangono dritti, a confermare la loro decisa presenza nel corso del tempo e a voler rivendicare la propria importanza nel prato della pluralità di espressioni. Così come Dimatteo, con orgogliosa convinzione e lanciando una sorta di monito, afferma di voler “diventare il Mario Schifano degli anni 2000” e di voler “continuare a confermare questo mio successo proprio con le margherite”.Poi, colto da ispirazione, il Maestro ha “sporcato” una tela immacolata proprio durante il nostro incontro, mostrando l’emozione che sta alla base della genesi delle sue opere d’arte. E’ stato così che abbiamo potuto osservare, con una meraviglia simile a quella dipinta negli occhi di un bambino a cui viene svelato un segreto, come a Dimatteo basti impugnare delicatamente un pennello ed intingerlo in un colore denso per trasformare il nulla in un capolavoro.
Parla anche di progetti l’artista novasirese, dopo aver confidato che “è importante aver fatto capire che una mostra può durare anche più di quindici giorni, cosa notevole per un paese piccolo come Nova Siri”; Dimatteo annuncia, infatti, di voler rendere disponibile la sua galleria “Primo Piano” all’esposizione di altri colleghi, avendo già in programma una collettiva di artisti lucani di elevato spessore (Guerricchio,Filazzola,Pavese,Masi,Masini e altri).
Ma come in ogni colloquio con il Maestro scenografo novasirese, si alternano durante la discussione momenti e toni di diverso genere, arrivando anche a quelle note dolenti e a tratti malinconiche che portano l’artista Dimatteo a chiedersi per l’ennesima volta “quali siano i criteri usati da Sgarbi e dagli organizzatori dell’ultima mostra allestita a Matera”, riferendosi al “Museo della Follia” inaugurato nel capoluogo di provincia lo scorso 18 agosto e che ospiterebbe, secondo il Maestro Dimatteo, opere di artisti che “non hanno timbri come me, come Filazzola, Tricarico o altri[…]Mi ritrovo, insieme a loro, in balìa del circo equestre di Sgarbi.Io, che compaio tra i firmatari della candidatura di Matera a città della Cultura 2019, non posso esimermi dal chiedere quindi al suo sindaco Franco Stella – continua Dimatteo – quanto denaro ha speso l’amministrazione per mettere su questa mostra fatta da operatori culturali che in realtà non lo sono e quali siano i criteri della cacciata degli artisti lucani da essa”. E, rivolgendosi, poi, anche all’amministrazione comunale novasirese, Dimatteo definisce “scandaloso che una mia mostra sia stata pagata da me stesso e che, per di più, non sia stata neanche inserita nel cartellone degli eventi estivi. Reputo questa una mancanza di stile.Nonostante tutto, però, il 22 si chiude una mostra che ha ricevuto l’attenzione di molti”. E questo è un risultato ragguardevole, segno di tempi e persone non ancora del tutto insensibili al fascino dell’arte, del bello e di una vocazione artistica unica nel suo genere.