E’ tonda, Rotondella. E’ (ro)tonda, appunto. Un centrino - se la guardi dall’alto - il cui ordito e trama sono i tetti delle case che la coronano. Una mitra, un copricapo, se la “indossi” dal basso.
Occorrono 500 metri e oltre per salirci sopra. Per scoprirla progressivamente, abbarbicandosi e cingendola fino a raggiungerne il cuore.
Tonda, come la 500 lire di Nicola Ielpo, che ne fu il padre, che ne depositò il brevetto per renderla tale. Bimetallica, con un cuore arancio albicocca. Dorata, succosa.
Tondo, come l’abbraccio di tutto un paese che ha saputo fare dell’accoglienza il suo più autentico biglietto da visita.
Tonda, come gli zeri dopo il 5; come quella torta mangiata ancora, solo per metà e le cui candeline saranno la brezza marina, forse i nembi del Pollino, a spegnerle.
Non è tondo “u pastizz”, quello “r’tunnar”, quello no. “Pastizz”, quel concetto gastronomico che a Rotondella non si traduce: si mangia. Ed è la perfetta sintesi della Lucania che si degusta, che si morde, che si conserva nel gusto. A tutto tondo. Non è tondo, u pastizz, ma è una luna tagliata a metà (e farcita per intero).
Rotondella, quest’anno, compie (i suoi primi) 500 anni. Quando ci passate da sotto, giù dalla Sinnica, beh… fatele gli auguri.