Gridava allo scandalo Catone per i costumi lascivi delle sue contemporanee che iniziavano ad ostentare ricchezza mediante abiti e gioielli. Elogiava, invece, Cornelia, madre dei Gracchi, che riconosceva solo due gioielli: i figli (“haec ornamenta mea”).
Si gridava allo scandalo negli anni Sessanta, quando le cosce incontravano il vento con le prime minigonne.
Oggi, a dar scandalo, non sono neanche più quelli che - in servizio - vanno a prendere il caffè al bar: sono i carabinieri che, con l’auto di servizio, accompagnano due studentesse e le stuprano.
Una volta sono rimasta in panne, di sera, per strada ed ho chiesto soccorso ad una pattuglia di passaggio: mi hanno consigliato di chiamare un carroattrezzi. 180 euro. Più il danno, si capisce. E passa la paura (forse).
Quel che fa più male della vicenda di Firenze, sapete, non è legato tanto ai valori, al paternalismo, alla intramontabile retorica dei luoghi comuni. È una questione di fiducia. Dante scaraventa Lucifero dalla parte opposta rispetto al suo mondo; neppure la terra vuol riceverlo e nell'accoglierlo si ritrae, incastrandolo nel più infimo delle sue viscere.
Il tradimento. È il tradimento il peccato più grave per Dante. Il tradimento. Quello più bieco, quello più abietto: quello degli ospiti, quello dei parenti, della patria.
Tu pensi di poter aprire totalmente te stesso, di affidare tutto te stesso ad una persona che ritieni possa/sia degna di accogliere le tue verità. Salvo, poi rovesciartele contro quando meno te lo aspetti. Il tradimento è tutto questo ed anche altro. E la sua gravità è direttamente proporzionale a quanto le affidi il cuore.
La fiducia nelle Istituzioni non verrà meno. Ma lo stupro di Firenze suona un po’ come esser stati traditi dal vicino a cui avevi affidato le chiavi di casa.
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