Sarà per i costi ridotti, sarà per la velocità dei tagli (croce e delizia), o forse per l’apertura quasi no stop, ma il successo del taglio cinese è indiscusso. Non prendi appuntamento e ci puoi andare anche di domenica.
No chiacchiere: entri, esprimi la tua esigenza (ultime volontà) e devi esserti “decapottato” nel giro di 5 secondi, già sui tre ti iniziano a guardare storto. Ci si esprime in linea di massima a gesti. Il lessico di base è settato sul minimo “sindacale”(?!): finchè si parlerà di “taglio” o “piega”, ci si intenderà quasi senza necessità di mediatori culturali. Sui concetti di meches, henne o di tutte le sfumature che solo la donna conosce, beh… chi ha scelto di andare dai cinesi a tagliarsi i capelli?
Locali fatiscenti e ambiente prevalentemente maschile. Ancora da esperire il concetto di “spuntatina”, tanto caro a noi donne e tanto a rischio per l’incolumità fisica del “portatore di forbici”, maschio o femmina che sia.
Il parrucchiere orientale non conosce lunghezze e pure sabato, domenica e festività (italiane). Lavoro 12h, compresa pausa pranzo, in cui, ovviamente, si lavora. Poi magari la tua esigenza, una volta lì dentro, sarà quella di una tinta. Bene: disporrai di una “carta dei colori” popolata come solo quella dei vini in un un’enoteca. Esiste un prezzo per la tinta “italiana” e quella di provenienza “altra”. Nel dubbio, con 5 euro in più si usufruisce di quella Loreal.
Poi basta: non esisterà più alcun dialogo tra voi ed il parrucchiere. Astenersi da chiacchiere da bar o dall’ultima di gossip o afferenti.
Lo shampoo. Aspettatevi per i vostri capelli un trattamento degno solo di Full Metal Jacket, tale da farti pentire di esserci entrato. Pentimento che dura giusto il tempo di ricordarti che shampoo e piega li stai pagando 8 euro. Shampoo (violento), taglio e piega, 10 euro. Col colore (italiano) sono 25. Così ti alzi, pensi si siano sbagliati e due occhi beffardi e mandorlati, in un italiano nipponico, ti fredderanno: “Non siamo come Italiani!”. E non ti resta che incassare: ricevuta, insulto e consapevolezza.
Insomma, entrati con la scusa del pollo alle mandorle o del riso alla cantonese, gli orientali si sono silenziosamente appropriati anche dell’universo dei bigodini. Quel che si dice in un antico adagio norvegese: “Sì trasut e sicc e t sì mis e chiatt”.
Ps: la musica di sottofondo sarà una playlist in lingua altra, potenzialmente anche intessuta di insulti rivolti agli italiani, all’umanità intera, al resto del mondo. Non lo saprai mai. Nel dubbio, meglio rimanerci, col dubbio.