come quella bomboniera che proprio non vi piace ma dovete spolverare lo stesso, ecco. Prendetelo, prima o dopo i pasti, e buona lettura! Top 5.
5. “Sto per lasciare le mie funzioni rassegnando le dimissioni. (…) Ho il dovere di non sottovalutare i segni dell’affaticamento e le incognite che essi racchiudono e dunque di non esitare a trarne le conseguenze.
Ritengo di non poter oltre ricoprire la carica cui fui chiamato, per la prima volta, nel maggio 2006”. Con queste parole Re Giorgio (Napolitano) metteva le cosiddette “mani avanti”, preparando la strada alle sue
dimissioni durante la benedizione di fine anno. C’è chi dice “nun c’ha pozz fa” e chi lo stesso concetto lo esprime in 15 minuti, 3 paragrafi e 2 bicchieri d’acqua.
4. “Il pensiero va soprattutto, anzitutto alle difficoltà e alle speranze dei nostri concittadini”. 13 parole con una piccola esitazione sull’avverbio più sintetico da utilizzare per il neoeletto presidente “Sergio Mattarella, Mattarella Sergio, On.Sergio Mattarella”. Era il 31 gennaio 2014 e Napolitano lasciava lo scettro al
freschissimo, neoeletto, “acneico” successore. 80 anni, sorriso contagioso, sconcertante loquacità. 3. “Felice di essere rimasta nello spazio più a lungo”. Così “AstroSamanta”, per gli amici “a belli capelli”, atterra in Kazakhstan dopo 200 i giorni trascorsi a rimirar le stelle. Primo pensiero? Non la pastasciutta, non la lasagna, ma che non le siamo mancati, manco per sbaglio. Mattarella, prolissamente e in preda a tracotanza verbale, scriverà: “Bentornata a casa”. Senza punto esclamativo. Era il 12 giugno.
2. “It’s a girl”. Così l’araldo reale (che non è propriamente l’impiegato dell’anagrafe) annunciava ai sudditi inglesi l’arrivo di Charlotte Elisabetta Diana, secondogenita di William e Kate e soprattutto sorella di
George. 3,71 chili distribuiti su 50 cm di altezza… reale e 3 nomi chiamati a racchiudere in se tutta l’araldica d’Inghilterra. Erano le h 8.34 del 2 maggio e a Roma non avevano nemmeno iniziato a pulire Piazza San Giovanni. Per dire.
1. “E’ il risultato della devozione al lavoro che gli Italiani come pochi al mondo sanno esprimere”. L’Italia, mai come quel giorno si è sentita, nelle parole di Giuseppe Sala, la dependance della Svizzera. I Cinesi se la
siano segnata al dito, gli inglesi ancora non l’hanno capita. Ed è così che vogliamo ricordarla, l’Expo e la sua gente, imbalsamata, assiderata, ancora in fila. Per il padiglione del Giappone.
Alba Gallo