Christian ha 12 anni quando, con il gruppo giovanile della chiesa luterana, comincia a consumare Hashish, Efedrina, Lsd e molte altre droghe sintetiche.
Ha alle spalle una situazione familiare tragica: i genitori, trasferitisi qualche anno addietro nel quartiere dormitorio di Gropiusstadt a Berlino Ovest, hanno continui litigi e, a farne le spese, è soprattutto la figlia maggiore: Christian, la quale, vittima
di percosse giornaliere da parte del padre che, sposatosi troppo giovane, pretende che le figlie lo chiamino in pubblico “zio”, soffre in silenzio nell’intimità della sua cameretta.
Nel giro di pochi mesi dal trasferimento a Gropiusstadt, il già precario equilibrio familiare subisce un tracollo: la madre di Christian, stanca delle continue vessazioni da parte di quel marito violento e narcisista, chiede il divorzio instaurando, subito dopo, una relazione sentimentale con il giovane Klaus, un ventenne dal volto rilassato e sereno, il quale non tarda a trasferirsi nell’appartamento della donna e a catalizzare su di sé tutte le attenzioni.
Alla ricerca di quella tranquillità che, nella sua giovane vita, non era mai esistita, la ragazza, subito dopo l’inizio del Ginnasio unificato, comincia ad essere sempre più attratta dal gruppo dei “bucomani”, così diverso da quello degli “etilici”, poiché, i membri che ne facevano parte parevano sempre essere in pace con se stessi, quasi come in un perenne stato di calma interiore.
Da qui in avanti ha inizio la parabola discendente di colei che, nella memoria di tutti, è ricordata come Christian F.
La prima assunzione di eroina per inalazione al concerto di David Bowie il 18 aprile 1976, il Sound, considerata la discoteca più moderna d’Europa, una panacea per i giovani dell’epoca ma anche luogo di spaccio e violenza e soprattutto Detlef, il coetaneo del quale Christian s’innamora e a causa del quale comincerà ad iniettassi eroina in vena.
Un amore, quello per Detlef, che diverrà tanto più intenso quanto più forte sarà la dipendenza dei due dalla droga e che li porterà, pur di potersi procurare la “necessaria” dose giornaliera, a prostituirsi alla stazione della metropolitana dello Zoo a Berlino.
Nato da una serie di interviste che due giornalisti dello Stern fecero all’allora sedicenne Christian, imputata in un processo per detenzione di droga e ricettazione, il libro è un tragico spaccato di una realtà a noi, forse sin troppo vicina; l’inquietudine dei ragazzi dell’epoca, il disagio familiare vissuto, l’indifferenza genitoriale e la ricerca di un gruppo nel quale inserirsi e con il quale identificarsi, sono aspetti tutt’ora contingenti e attuali.
Cristian, Detlef, Stella, Babsi, Axel, a differenza delle frequenti generalizzazioni, non sono meri stereotipi di una gioventù bruciata dedita alle droghe e alla musica punk ma rappresentano lo specchio di una società lacerata dove, individualismo e narcisismo hanno preso il sopravvento e nella quale non vi è più spazio per il sentimento e l’introspezione.
La stessa Christian con brutalità disarmante, quando descrive se stessa e i suoi amici dice: “Le cose stavano così: che l'uno vedeva nell'altro la merda che lui stesso era. Uno vedeva il proprio squallore e rimproverava all'altro lo stesso squallore per dimostrare a se stesso di non essere tanto squallido come l'altro”.
Come la ragazza stessa noterà, l’apparente calma del gruppo dei “bucomani”, si tramuta presto in frenesia: la smania del farsi nel bagno di casa la dose della mattina prima di andare a scuola, la ricerca del primo cliente che, in cambio di prestazioni sessuali, garantisce la cifra esatta per comprare un quartino, la seconda “spada” della giornata sul pavimento di un bagno pubblico, rifugio di tutti gli eroinomani della città e così via. Riflessioni profonde fatte da una ragazzina cresciuta troppo presto, da una quindicenne che, con un po’ d’imbarazzo, ammette ai lettori di aver paura della siringa del dottore, nonostante sia in grado di “bucarsi” la vena del braccio anche quattro volte al giorno.
Christian sa bene di esser entrata nel vortice di una spirale senza fine e, nonostante i numerosi tentavi di disintossicazione da lei stessa voluti, non riuscirà mai a trovare dentro di sé, la forza per rinnegare totalmente quel mondo.
Christiane Vera Felscherinow,oggi cinquantaquattrenne, lotta ancora contro la dipendenza da stupefacenti e contro lo Stato tedesco che, a causa della sua tossicodipendenza, le ha tolto la custodia del figlio.
Neanche la morte della sua migliore amica, Babsi, la più giovane vittima dell’eroina, uccisa da un’overdose a soli 14 anni, è stata per lei un deterrente,infatti, nel mondo della droga non c’è spazio per i sentimentalismi perché come Christian ammette: “Ogni bucomane vede solo se stesso. Tra i bucomani l'amicizia non esiste proprio. Sei totalmente sola. Sei sempre sola. Tutto il resto te lo inventi“.
Valentina Nesi