In Italia è il ’68 a esser finito sotto accusa con l’atroce condanna d’istigare i giovani studenti alla disobbedienza e alla rivolta, senza tuttavia tenere in considerazione che, proprio quegli anni di lotta, hanno portato a una società più equa, gettando le basi per la creazione del nuovo diritto di famiglia e per una scuola più pedagogica meno punitiva.
by PalMall 1.2" style="background-color: transparent !important; border: none !important; display: inline-block !important; text-indent: 0px !important; float: none !important; font-weight: bold !important; height: auto !important; margin: 0px !important; min-height: 0px !important; min-width: 0px !important; padding: 0px !important; text-transform: uppercase !important; text-decoration: underline !important; vertical-align: baseline !important; width: auto !important; background-position: initial initial !important; background-repeat: initial initial !important;">operazioni di questo tipo, messe in atto da governi che, per paura di tensioni sociali, cercano di impedire alle persone che amministrano, di raggiungere un adeguato stato di conoscenza, dovrebbero già di per sé essere sanzionate e condannate, ma che addirittura l’Onu, un’organizzazione nata per mettere ordine e chiarezza nelle controversie globali, si impegni a creare ambiguità su un avvenimento storico incontrovertibile come il genocidio degli Armeni è cosa quanto mai preoccupante.
Ma quando si deportano in massa oltre 1 milione e mezzo di persone, lasciandole morire di fame e stenti, in veri e propri campi di sterminio, affidando a dei cecchini assoldati dal governo turco il compito di uccidere i pochi sopravvissuti, come lo si dovrebbe definire se non genocidio?
Che Papa Francesco ne capisca di storia più di Ban Ki Moon è quanto dire, ma che l’Onu, organizzazione notoriamente molto vicina alla politica Usa, a sua volta molto vicina alla Turchia, si affretti a definire la questione armena, un “crimine atroce” ma non un genocidio, ci dovrebbe far riflettere sul tipo di società nella quale viviamo.
Probabilmente l’eliminare dalla lista dei genocidi, forse il crimine peggiore che gli esseri umani possano commettere verso i propri simili, lo sterminio degli armeni, potrebbe indurre noi uomini a illuderci di essere migliori di quanto in realtà non siamo.
Tuttavia, il lasciare che, a distanza di cento anni, per oltre un milione di morti non ci sia ancora giustizia o quantomeno, non ci sia una spiegazione univoca e universalmente riconosciuta per il by PalMall 1.2" style="background-color: transparent !important; border: none !important; display: inline-block !important; text-indent: 0px !important; float: none !important; font-weight: bold !important; height: auto !important; margin: 0px !important; min-height: 0px !important; min-width: 0px !important; padding: 0px !important; text-transform: uppercase !important; text-decoration: underline !important; vertical-align: baseline !important; width: auto !important; background-position: initial initial !important; background-repeat: initial initial !important;">loro ingiusto assassinio è quanto di più disumano possa esserci, perché, come disse Christine Nyiransabimana: “Il genocidio va oltre la guerra dato che l’intenzione dura per sempre. Ed è un’intenzione finale”.