Perché - quanto è vero che non tutti i pescatori si chiamano Sampei - non tutte le boyband vengono per nuocere (vedi sotto la voce “Modà). Astenersi amanti di mielose e diabetiche rime, di testi composti sotto effetto di endorfine.
Loro sono i “John The Fisherman”, affondano le loro note in quel di Policoro e nell’estate 2014 vincono il “Festival dell’Alto Ionio”, per esempio. E scegliere di ascoltarli vuol dire, più o meno, dimenticare per un attimo di essere in Basilicata.
E sentireste un po’ di fumo di Londra nel loro sound, se non sapeste che questi ragazzi c’entrano con la Union Jack quanto i Nirvana con la tarantella, per intenderci. Sentireste un po’ gli Incubus di “Wish you were here” per quel sound pulito, quelle note psichedeliche ed a tratti Indie. Ed i suoni di un cantiere in sottofondo fatto degli australiani Tame Impala, dell’indie rock dei Grizzly Bear, passando per “la” musica secondo Alex Turner (dal Vangelo secondo gli Arctic Monkeys).
Ecco, i “John The Fisherman” sono tutto questo e tanto altro, shakerato con una buona dose di lucana ed originale rielaborazione. Due chitarre per un basso, una batteria ed una voce e complessivi sessant’anni d’età, ruga più, ruga meno, per un gruppo che sa di salsedine e grounge, di atmosfere anni Ottanta e di postmoderno disincanto.
Ed un must: 4 minuti di “Underwater” (nell’Ep “Studio Session On The Moon”), due avvolgenti cuffie e far scemare la quotidianità -beatamente - in stand by.
Alba Gallo
ultima modifica ore 14.35 del 3.3.15