Starà a loro spiegare cosa sia per il Sud il concetto di “domenica”, tra profumo di pelati ad irrorare strade bagnate dal sole e pervase dai canti, quelli della mamma e della sua tavola di compensato, che vede la progressiva trasformazione della farina, intagliata e scavata a generare orecchiette e cavatelli. Rito sacro in Lucania quanto il Super Ball per gli Americani – per intenderci. Tenace e ambizioso il compito di esportare il cibo di Appennini e Calanchi perché Sanremo, quest'anno, sia “roba nostra” Le premesse ci sono tutte, non ultima la scelta delle meridionalissime affiancatrici di Carlo Conti: la salentina Emma Marrone ed Arisa, portatrice sana di pignolesità in Italia.
Ugola chiama gola, si sa, e ad accontentare i palati sanremesi e non, la Basilicata arruola il suo più valido poker d'assi dei fornelli: gli Chef Enza Crucinio, di Marinagri; Giuseppe Masiello (Nova Siri Village); Cosimo Andreulli e Luigi Vizziello, dell'Hotel Toccacielo.
Dirige l'orchestra il Maestro De Muro, che farà... fuochi e fiamme, traducendo i saperi in sapori. A Sanremo quest'anno si esportano, quindi, storia, tradizione, cultura e... colture, quelle generate dal sole e dal suolo, padre anche dell'Aglianico del Vulture. E non solo: dalle prime indiscrezioni pare che le rose sanremesi risentano già dell'arrivo di Miss Candonga (Candonga Fragola Top Quality, ndr), la fragola che impartisce lezioni di egemonia ed eleganza all'ortofrutta.
Pare, inoltre, abbiano preannunciato il loro arrivo anche la Pera Signora, la Melanzana Rossa di Rotonda, il fagiolo di Sarconi, a spiegare la differenza tra “un” ed “il”, fagiolo.
Insomma, parlare di Lucania oltre i confini regionali, da oggi, vorrà dire anche tradurre il “ce l'abbiamo solo noi” in gergo gastronomico.
Alba Gallo