Castagnole o graffe, ravioli dolci o frittelle di mele imbandiscono le tavolate di febbraio, ma c'è ben poco da fare: sono le chiacchiere il vero simbolo, la quintessenza del Carnevale. Ad un mese esatto dai buoni propositi di ridurre la circonferenza di pancia e fianchi, arrivano le mascherine a mandare in dispensa il concetto di light.
Ma bando alle ciance: mani in pasta, chiacchieriamo.
Identikit della “chiacchiera”: è una striscia di pasta, girata su se stessa che talvolta tende a formare un nodo. L'impasto per realizzare le chiacchiere è a base di farina e uova; fritto o cotto al forno, successivamente verrà spolverato di zucchero a velo.
Un dolcetto, tanti nomi. Bugie (Genova, Torino, Asti), italianizzazione del ligure böxie; cenci o crogetti (Prato, Firenze) o melatelli (se con miele), a Grosseto; crostoli a Ferrara; frappe a Roma; guanti a Caserta.
Origini. Le chiacchiere non sarebbero nient'altro che la traduzione contemporanea delle frictilia, dolci fritti nel grasso di maiale, che nell'antica Roma venivano preparati durante il periodo dei Saturnalia - feste in onore del Dio Saturno - e distribuiti alla folla.
Caratteristica è l'idea di fritto, che reca in se e riporta ai concetti di grasso e opulenza.
Le chiacchiere lucane di Fardella (Pz):LUCANIADAMANGIARE
Alba GALLO
foto da giallozafferano