«Sì, ho capito… ma perché ce l’hai tanto con gli ipocriti?»
«L’ipocrita è il fratello bastardo dell’idiota (eh sì, è proprio una donnaccia la madre degli imbecilli), il cugino stupido dello stronzo (ma anche il padre non scherza) nonché il nipote scarsamente intelligente del furbetto (quando ci si accoppia tra parenti può succedere). Sostanzialmente è l’ultimo scalino, quello che saltano tutti, o anche quel panno che si trova sull’uscio di una porta. Uno zerbino insomma. Ma la cosa davvero stupefacente è che l’ipocrita – essendo vittima egli stesso della propria mancanza di giudizio – si crede pure superiore alla massa di pecoroni che lo circondano (e lo calpestano senza che lui se ne accorga). C’ha la vista lunga, pensa di se stesso, lui ha capito tutto e agisce di conseguenza. Mangiatore assiduo di lecca-lecca, registratore puntuale di frasi fatte, riciclatore seriale di buone condotte, è un habitué delle piazze virtuali dove, come un piccione davanti al Duomo di Milano, raccoglie le briciole di stupidaggini lasciate in giro dai passanti distratti: apre Facebook e condivide il primo pensiero che l’home page gli sbatte sotto gli occhi. Click. Oggi “Je suis Charlie”, domani “Je serai Mussolini” e poi vediamo dove va il gregge e ci regoliamo. L’importante è stare dietro, alla fine della fila, alle spalle di un sacco di invitanti sederini da slappare. Se poi il deretano in questione appartiene alla pecora giusta… slap slap, che sarà qualche pelo in più sulla lingua? L’ipocrita, voglio dire, è un esserino talmente piccolo che neanche se salisse sul tetto di un grattacielo new yorkese risulterebbe possibile guardarlo dritto negli occhi. È minuscolo, l’ipocrita, non esiste lente di ingrandimento o microscopio che riesca a renderlo più grande di un verme. È così insignificante che persino gli specchi si rifiutano di restituirgli il suo riflesso. “Tiettelo per te, non ho intenzione di creare il tuo doppione… e smamma prima che decida di rompermi e regalarti sette anni di iella nera. Mi fai pena già così, poveretto, la natura è stata assai inclemente con te”, ecco cosa pensa il vetro davanti al quale l’ipocrita trascorre il suo tempo per collaudare il suo finto sorriso. Eppure, cavolo, governa il mondo».
«Come sei drastico, gli ipocriti sono pieni di amici e lo sai bene… non possono essere proprio delle nullità o delle creature abominevoli come vai dicendo».
«Non lo metto in dubbio, del resto l’imperativo morale della coscienza (ma sicuro che ce l’ha una coscienza?) dell’ipocrita è fingi et stringi (le mani giuste, ovvio). E lui e tutti i suoi amichetti si ritroveranno un bel dì a correre in tondo per la sesta bolgia dell’Inferno gravati dal peso di cappe di piombo dorate…»
«Saprai di certo che probabilmente Dante inventò un simile castigo basandosi su una falsa etimologia del termine testimoniata nel Magnae derivationes di Uguccione da Pisa… pare che in latino “ipo” fosse interpretato come “sub” e “crisis” come “aurum”, ed ecco allora “sotto l’oro”. Saprai anche che nel Vecchio Testamento o nei Vangeli era definito ipocrita colui che ostentava la propria generosità con i bisognosi. Tutto torna, certo, ma permettimi di aggiungere che in greco ὑπόκρισις non aveva solo un’accezione negativa. Sì, la finzione può essere anche un’arte: hypokrites erano gli attori e non solo i simulatori doppiogiochisti di cui tu parli».
«Sai che pedigree! Caro il mio dottorone, mi piace pensare che l’etimologia più convincente sia la più immediata: “ipo” come “poco” e “crysis” come “scelta”. Li trovo più simili agli ignavi, gli ipocriti, e in effetti quasi godrei di più nel vederli correre all’impazzata punzecchiati dagli insetti nell’Antinferno. Non hanno scelta, si adattano. Bah. Sai chi non ha mai scelta? Chi non ha coraggio. Chi non ha nulla da perdere. Chi, diciamocelo, non si pone mai delle domande perché non è capace di darsi delle risposte. Non sceglie chi non ha giudizio per farlo, ecco. C’è sempre un’alternativa, un’altra via, magari più impervia, ma c’è. Sempre, caro il mio dottorone».
«E tuttavia c’è qualcosa di rassicurante in questa sporca faccenda, devi ammetterlo».
«Beh, sì. L’ipocrisia è meglio dello Zoloft o dello Xanax, meglio dell’Aulin o della Tachipirina, meglio della camomilla e della valeriana. L’ipocrisia evita un sacco di rogne, di orticarie e fa dormire sonni tranquilli… ecco perché è un efficace ansiolitico, analgesico e sonnifero. Un po’ come il cortisone che guarisce da tutti i mali… Di che colore è il Deltacortene? Sai cosa? Io prendo la pillolina bianca… che lo cambi qualcun altro, questo mondo».
SARA CALCULLI