Andrea De Santis, antropologo. Cerca lavoro disperatamente ma essendo laureato non c’è posto per lui. I laureati non sono affidabili, sono stati tutta la vita sui libri e non sanno sporcarsi le mani. Non tutti, almeno. Alberto, per esempio, fa il lavapiatti in un ristorante cinese e con un colpo di spugna ha cancellato la sua promettente carriera di chimico; il professor Bonelli vive con una famiglia di circensi ed esercita le sue conoscenze di statistica differenziale nelle partite di poker; Arturo è specializzato in cartografia archeologica e divide il panino con l’escavatorista che trapana senza pietà i reperti archeologici che il dottore deve riportare alla luce; Mattia e Giorgio, latinisti di fama internazionale, fanno i benzinai di notte in una stazione di servizio gestita da un cingalese. E lavorano a nero, manco a dirlo. Del resto, a che serve un contratto?
Pietro Zinni direbbe che è una spada di Damocle. Lui, 37 anni, neurobiologo, ha appena perso l’assegno di ricerca. Gli era stato promesso un contratto a tempo indeterminato, invece ora non ha più neppure quei cinquecento euro al mese che fino a quel momento, assieme ai soldi guadagnati impartendo ripetizioni ai ragazzetti del liceo, lo avevano tenuto in vita. Pietro è un cervello da premio Nobel, peccato che non sia abbastanza raccomandato: non solo i professori non hanno capito nulla della sua teoria, ma non ha neppure un politico che gli copra le spalle.
Anche lui è fuori dall’Università adesso, destinato come gli altri ricercatori a vivere ai margini della società. E non sa proprio come dirlo alla sua fidanzata. Giulia è una tipa tosta, molto pratica, fa l’assistente sociale, perciò si mostra particolarmente insofferente di fronte agli alibi e alle divagazioni. «Te l’hanno rinnovato sì o no ‘sto contratto?». Come dirle che non potrà comprarsi quella benedetta lavastoviglie? Negare, negare fino alla morte. Certo, anzi tra un po’ navigheremo nell’oro, cara…
E in effetti nell’arco di pochi mesi le finanze di Pietro e dei suoi (ex) colleghi subiscono un’impennata clamorosa. I brillanti sette hanno messo in piedi una start up vincente mettendo a frutto le doti di ciascuno: si occupano di produzione e spaccio di smart drugs. Tutto legale grazie alle falle del sistema giudiziario italiano. Ebbene sì, il rivoluzionario algoritmo di Pietro - snobbato dagli Accademici - ha trovato applicazione in un mercato che mai va in crisi, quello delle droghe. Il prodotto riscuote un successo immediato e straordinario, cosa che fa uscire dai gangheri il leader del settore: er Murena…
Lungometraggio d’esordio del trentaduenne salernitano Sidney Sibilia, “Smetto quando voglio” è una commedia italiana che per fortuna non sembra tale. Infatti fa ridere (e non poco), per di più senza ricorrere all’infima volgarità dei cinepanettoni nostrani e degli annessi cast. Tra dialoghi esilaranti, gag spassose e personaggi ben caratterizzati, si cela però la triste realtà che affligge il Bel Paese. Precariato, tagli alla ricerca, le sconcertanti ed avvilenti condizioni in cui attualmente versano la Scuola e l’Università, nonché l’imprescindibile trinomio politica-droga-prostituzione targato made in Italy: sdrammatizzare la catastrofe socio-culturale figlia della crisi economica non è impresa di poco conto. “Smetto quando voglio” è consigliatissimo in questo settembre, periodo di iscrizioni e immatricolazioni, in quanto illumina sulle differenze di trattamento (purtroppo assolutamente reali) tra “scienziati” e “umanisti”: se il neurobiologo teorizza molecole, il chimico produce le pasticche, l’economista elabora un piano finanziario e l’antropologo studia i gruppi umani cui appartengono i consumatori, ai letterati e all’archeologo sono riservati lavori da bassa manovalanza; dunque Arturo guida il furgone, Mattia indirizza i clienti verso il luogo dello scambio e Giorgio sta seduto in un bagno pubblico pronto a passare le bustine da sotto la porta… una denuncia nella denuncia considerando che questo genere di tirocinio non è segnalato nei piani di studio dei suddetti corsi di studio. Nonostante questo (rospo che ho inghiottito ma non ancora del tutto digerito) l’ho già visto e rivisto una decina di volte – e l’ho scoperto solo una settimana fa. “Ma Smetto quando voglio” eh…
SARA CALCULLI
Nell’immagine la locandina del film. Fonte: web.