Mercoledì, 31 Maggio 2023

Balloon: interviste ai protagonisti

Si è conluclusa a Policoro la terza edizione di Balloon: la festa del fumetto e della letteratura per ragazzi. A seguire le interviste di Roberto Mele e Sara Calculli a Enzo Perriello, Clod, Guido De Maria e Padre Stefano Gorla.


Enzo Perriello, direttore artistico di Balloon

D: La terza edizione di Balloon. Quali sono le differenze rispetto alle altre edizioni?
R: Soprattutto quest’anno abbiamo ulteriormente sviluppato quelli che sono i temi di punta di Balloon: la presenza di fumettisti di fama nazionale e internazionale, mostre, laboratori con i bambini e soprattutto una delle particolarità di Balloon è che oltre al fumetto ha un occhio di riguardo per la letteratura per ragazzi anche attraverso il corso di fumetto tenuto nelle scuole da Clod, noto fumettista che collabora da tempo con Il Giornalino, questo settimanale per ragazzi, l’ultimo rimasto in Europa. Quest’anno hanno partecipato diciotto classi di bambini, i cui fumetti sono esposti qui in piazza. Diciamo che il nucleo ruota attorno a fumetto, letteratura e partecipazione. È questa la trama di Balloon.

D: A proposito di letteratura, ci saranno anche delle presentazioni di libri in questi giorni…
R: Sì, presentiamo alcuni libri importanti: c’è l’ultima graphic novel di Roberto Baldazzini, “L’inverno di Diego”, poi presenteremo una graphic novel di un autore lucano sull’Odissea che si chiama “Viola” e poi una cosa a cui teniamo moltissimo, una raccolta di fiabe scritta da un ragazzino autistico assieme al padre.

D: E’ il primo giorno quindi forse è presto per chiederlo, ma qual è il riscontro di pubblico a Policoro?
R: A Policoro, nonostante il tempo inclemente, rispondono sempre alla grande e sono sempre entusiasti di incontrare i nostri artisti (anche perché disegnano e regalano i disegni).

Clod, ovvero Claudio Onesti, fumettista che tiene i corsi nelle scuole
D: Come è andato il progetto nelle scuole di Policoro e dintorni quest’anno?
R: Ormai sono tre anni che tengo questi corsi, generalmente a gennaio. Quest’anno ho incontrato circa quattrocentocinquanta bambini, ma non chiedermi i nomi. Spiegare dalla A alla Z il fumetto…in due ore… cerco di farli divertire. È una cosa che sta prendendo piede perché funziona, coinvolge sempre più scuole e, come tutti gli anni, esponiamo i fumetti e le storie create. Domani sera li premieremo anche (non tutti eh, solo i migliori!)

D: Quanti disegni ha fatto e regalato in questi giorni?
R: Solo da stamattina… non so, ne facciamo talmente tanti che non teniamo il conto ormai. Li facciamo a ruota libera con dedica e via
Guido De Maria, fumettista e autore di Supergulp!Fumetti in tv

D: Policoro è stata definita la capitale del fumetto. Le sembra una giusta definizione?
R: E’ giusta per quello che sta facendo, quello che sta facendo per il fumetto, per questi bambini che sta avviando ad una disciplina molto importante, che è quella di raccontare attraverso il disegno, un nuovo modo di raccontare. È un’operazione importante quella che fa Policoro e quindi sono molto contento di essere qui, vengo da lontano (soprattutto nel tempo perché io ho cominciato settant’anni fa a fare questo mestiere ed ora già un ragazzino avanti negli anni!). ma io sono venuto soprattutto per capire se piove o non piove stasera, si fidano di me…ho una protesi che segnala a che ora piove.

D: I giovani fumettisti: c’è qualcuno in Italia che si sta affermando? Qual è la situazione in Italia?
R: Ce ne sono tanti! Alcuni che non meritano di essere pubblicati, altri che sono bravi e non hanno spazio… Ortolani è uno dei giovani, chiamiamolo così, uno dei vecchi giovani, ecco.

Padre Stefano Gorla, direttore del settimanale per ragazzi Il Giornalino

D: Il Giornalino festeggia i 90 anni e Balloon festeggia Il Giornalino. Qual è l’importanza di questo anniversario?
R: Beh, intanto abbiamo voluto fortemente essere a Balloon quest’anno in virtù dell’amicizia e della stima che ci legano a quest’iniziativa. Eravamo presenti alla prima edizione e ben volentieri festeggiamo questo compleanno qui e lo facciamo anche con la storia di due nostri personaggi, Dado e Cami, disegnata da Clod con i testi di Paola Ferrarini, proprio ambientata a Policoro.

D: Com’è cambiata la rivista in questi anni? Chi è che legge Il Giornalino oggi?
R: Certamente lo leggono i bambini, ma sappiamo anche che ci sono degli adulti che lo leggono… noi fingiamo che non esistano, nel senso che la nostra volontà è stare dalla parte dei ragazzi e lo facciamo dal 1924 con delle attenzioni particolari proprio per loro. Li accompagnamo con Il Giornalino dai sei ai dodici anni, con altre riviste copriamo una fascia d’età che va dai tre ai sedici anni. Se uno vuole continuare a leggerci con simpatia pur sapendo che non è lui il nostro lettore principe, pure a venti, trenta, quarant’anni può farlo! Anzi è interessante che abbiamo dei nonni che leggevano Il Giornalino, l’hanno letto ai loro figli e ora lo regalano ai nipoti. Insomma, abbiamo un patto tra generazioni che ci accompagna.

D: Qual è il programma di questo anniversario?
R: Come accennavo prima, sul numero che è uscito giovedì in edicola e domenica in parrocchia c’è una storia che celebra la presenza del Giornalino qui a Balloon…nell’ultima striscia Clod ha disegnato De Maria, Silver, ci sono anch’io…siamo diventati tutti un fumetto! Poi abbiamo una mostra di quarantacinque “schede” che raccontano tutta la nostra avventura.

Sara Calculli intervista Guido Silvestri, alias Silver, il papà di Lupo Alberto
D: Qual è lo stato d’animo ideale per la creazione?
R: Eheh… lo stato d’animo per la creazione… Beh, insomma, sarebbe richiesta un po’ di serenità e soprattutto qualche cosa da raccontare. E non sempre questo è possibile, non perché manchi qualcosa da raccontare, ma perché spesso manca la serenità, quello stato d’animo particolare per cui ci si sente a proprio agio e si ha voglia di raccontare. Si tratta di uno stato d’animo che si presenta raramente, più spesso, invece si è pressati dalle scadenze e questo rende il lavoro meno piacevole (ma non per questo non si tiene fede ai propri impegni).

D: Il nome “Lupo Alberto” , inteso come nome del fumetto, non è quello scelto in origine dal suo autore, eppure il suo autore oggi deve tanto a quel titolo. In base alla sua esperienza, qual è il consiglio che sente di dare ad un esordiente: seguire il proprio istinto o affidarsi a chi ha più esperienza nel settore?
R: Non penso che il titolo di una serie ne condizioni moltissimo le sorti. Noi tutti conosciamo Snoopy e Charlie Brown, che in realtà si chiamano Peanuts… un titolo che sia noto a tutti non ha poi tutta questa importanza. “Lupo Alberto” si sarebbe comunque chiamato così perché in ogni caso è quello il nome del protagonista. Il titolo che io avevo scelto era “La fattoria dei McKenzie” non prevedendo nessun protagonista e poi per semplificare si è preferito chiamarlo Lupo Alberto, ma non penso che questo ne abbia limitato o favorito il successo. Non penso che un titolo abbia il potere  di decretare il successo di una serie.

D: Lupo Alberto ormai ha quarant’anni. In cosa si è lasciato cambiare e a cosa, invece, non rinuncerà mai?
R: Lupo Alberto, come tutti i personaggi dei fumetti, mantiene sempre un’età ideale. Io l’ho immaginato come un giovanotto scapestrato tra i 20 e i 25 anni, grossomodo come ero io, ma nel frattempo io sono cresciuto e lui è rimasto uguale, un po’ come Tex che è rimasto un cowboy sulla quarantina o poco più, Diabolik che è sempre un giovanotto sui trent’anni eccetera… Però è chiaro che il compito di un autore è quello di mantenere le caratteristiche del personaggio, quelle caratteristiche che ne hanno determinato la popolarità. Spero di esserci riuscito bene sebbene ovviamente cambiando il mio rapporto con le cose, la vita, la società e quant’altro ho trasmesso le mie esperienze anche al Lupo… ma tutto sommato penso di esser riuscito abbastanza bene a mantenerlo quel personaggio ideale che ho immaginato quarant’anni fa.

D: Cosa le dice il “Lupastro” quando siete soli?
R: Sai, in effetti c’è questo scambio di opinioni anche se può sembrare una cosa folle! Diciamo che ci si conforta come due vecchi amici… nel senso che se gli anni sono passati per me è ovvio che siano passati anche per lui. È come essere cresciuti con un amico, un amico invisibile ma che sta dentro di noi. Un amico immaginario che, come succede ai bambini, sta lì ad aiutarci nei momenti difficili.

 

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