Tecnicamente avremmo potuto fermarci solo per una giornata al Parco della Grancia, ma, avendo rinunciato alla macchina per rendere il tutto più avventuroso ed ecologicamente corretto, siamo stati costretti ad adeguarci agli orari dei mezzi pubblici. E qui è sorto il primo ostacolo. Non solo non essendoci un collegamento diretto per Brindisi Montagna abbiamo dovuto optare per Potenza (che è 15 km dopo), ma le corse dei pullman dirette al capoluogo sono solo due. A ciò si aggiunga che nessuno si è preso la briga di mettere una navetta per la Grancia a disposizione di chi, per vari motivi, ha lasciato l’auto in garage.
Dulcis in fundo, per raggiungere Brindisi Montagna da Potenza vi è una compagnia privata di autobus i cui orari decisamente non sono stati studiati per renderci più facile la traversata. Taccio sulle difficoltà di reperire informazioni in materia, nonché sull’inadeguatezza del sito della Co.Tra.B., e vado al dunque: partendo da Policoro alle 12.30 si arriva a Potenza alle 14.45 per poi rimanerci per oltre due ore, in attesa della “coincidenza” per Brindisi. Naturalmente, non avendo avuto l’accortezza di portare gli amuleti di Colobraro, abbiamo dovuto cambiare il nostro bel pullmino all’altezza di Pisticci a causa di un guasto. L’imprevisto non ci ha comunque turbati più di tanto, l’entusiasmo era alle stelle e ci voleva ben altro per spegnerlo. Nel mio caso mi è bastato metter piede a Potenza, città che non avevo mai visitato. Bah, non mi ero persa nulla, solo cemento e gusti architettonici alquanto discutibili, pessimo servizio del trasporto urbano e, udite udite, neanche un bagno pubblico nella stazione centrale. Non conoscendo il luogo (ed avendo poca voglia di conoscerlo meglio) ci siamo immediatamente attivati per raggiungere il San Carlo, dove avremmo atteso fino alle 17.10 l’autobus per Brindisi. Non avevamo idea che il noto ospedale si trovasse sperduto sul cucuzzolo della montagna… ad ogni modo, armati di pazienza fino ai denti e muniti di IPad e Settimana Enigmistica, ci siamo sistemati sulle panchine delle corse interurbane e abbiamo trascorso le successive due ore in compagnia delle vespe birichine (e probabilmente vegane giacché hanno molto apprezzato il mio panino con la cotoletta di soia snobbando totalmente la mortadella del mio compagno di viaggio) che avevano colonizzato la pensilina.
Il sole ogni tanto giocava a nascondino tra le nuvole, con estremo disappunto delle lucertoline spiaggiate sui marciapiedi, dandoci l’opportunità di godere di un po’ d’ombra. Dopo uno studio approfondito della fauna locale, tre cruciverba, un “bersaglio” e due “trova le differenze”, finalmente intravediamo dietro lo scheletro del San Carlo l’ambita scritta su un minibus. Solo mezz’ora, mi ripeto, solo mezz’ora e Potenza non sarà che un lontano ricordo. L’autista di Allegretti, chiacchierando del più e del meno e soprattutto rassicurandoci sulla situazione meteorologica di Brindisi, ci scorta (ebbene sì, siamo solo noi due) proprio fino all’albergo. “Villa Arcobaleno”, e vista così, incorniciata dai colori del panorama e baciata dal tramonto, il nome non poteva essere più azzeccato. Presto, presto, sistemiamo i bagagli e corriamo in paese. Ops, matrimonio in corso. La reception è buia e deserta, non c’è un campanello per avvisare del nostro arrivo, è impossibile riconoscere qualcuno del personale in mezzo a tutti gli ospiti vestiti di tutto punto. Mentre io osservo le diverse sale e sento una sorta di lancia acuminata trafiggermi lo sguardo alla vista di tutto questo kitsch (lampadari dorati in stile Versailles con tanto di divanetti e tavolini abbinati), il mio collega d’avventura torna alla hall affiancato da un biondo metro e ottanta di smoking che prontamente contatta il direttore tramite un minuscolo microfono (che fa tanto agente 007). Franco mi ricorda un comico di Zelig, ma soprattutto così vestito da pinguino e apparentemente brillo (no, è proprio così scopriremo in seguito) mi pare il fratello dello sposo… Ci liquida rapidamente, lasciandoci la chiave – di quelle vecchio tipo, pesanti quanto una valigia, con la punta a palla – e ci chiede di temporeggiare fino a sera per sbrigare tutte le pratiche in quanto, se non ce ne fossimo accorti, ci sono almeno 200 invitati sbronzi cui badare.
Leggermente contrariati dalla fredda accoglienza, ci rechiamo al primo piano, verso la porta in fondo al lungo corridoio, la numero 103. Carina, mi aspettavo di peggio. C’è anche il balcone, una svolta per una fumatrice incallita come me. Di fronte a noi, proprio oltre la monumentale balaustra, ecco Brindisi di Montagna e il suo castello solitario. Arriviamo, bellezza.
Allegretti (sempre loro, Dio li benedica) ci lascia in una piazzetta spoglia e pallida che non promette nulla di buono. Tuttavia alle nostre spalle c’è un panificio, l’unico del paese, e il buon umore ritorna senza remore dopo aver assaggiato i “croccantini” e le “stozze” con gocce di cioccolato, prelibatezze del posto. Dopo un buon pasto, come diceva la mia cara Virginia Woolf, la mente – e non solo il corpo – si rigenera. Dunque ci avviamo per le stradine che si diramano dal nostro campo base (“Il Chicco di Grano” è il nostro solo punto di riferimento per ora) ed iniziamo ad esplorare i dintorni. Notiamo che ci sono ben tre chiese e diversi bar, nessun negozio all’infuori di due minimarket, una farmacia, un fruttivendolo e un alimentari (“Nonna Teresa”, perché non fai più i pasticcini?). Del resto la popolazione non tocca i 1000 abitanti e siamo a pochi chilometri da Potenza. La temperatura è piacevole, un fresco asciutto che a Policoro ci sogniamo in tutte le stagioni, e il sole si appresta a timbrare il cartellino. Sono le 19,00 circa e i ragazzini vanno in bicicletta, scherzano, guardano il mio IPad come fosse un astronave o una macchina del tempo. Intanto io scatto foto ad ogni cantuccio ed ogni vicolo, senza riuscire a saziare gli occhi avidi di bellezze medievali e scorci paesaggisti semplicemente sublimi. Da quassù tutto sembra così piccolo e lontano... nessun rumore molesto, la quiete è sovrana, interrotta solo dalle chiacchiere della gente che siede sulle panchine in pietra di “Piazza della Libertà”.
Tutt’altra musica in albergo. I festeggiamenti proseguono, si canta di tutto, dalle canzoni napoletane fino ai successi dell’ultimo momento. E mentre giù comincia la discoteca, noi crolliamo come se niente fosse, decisi a riposarci perché domani sarà una gran bella giornata da vivere al pieno delle forze.
23 agosto, parte prima
Non è mattina finché non c’è caffeina in corpo, ma dopo un buon espressino si comincia a ragionare. E in effetti ne abbiamo di cose a cui pensare… Allegretti è la nostra “corriera” di fiducia, ma non porta alla Grancia. Siamo a piedi e per quanto la distanza sia ridicola, la strada non è consigliabile per chi dispone delle sole motor scarpe. Sappiamo, però, che prima o poi dal paese scenderà il pullman delle comparse. Ma noi siamo impazienti, sono già le 10.00 e il parco aprirà tra un’ora. Approfitteremo della gentilezza del signor Larocca, che abbiamo contattato telefonicamente qualche giorno fa per sapere come raggiungere il parco e che ci ha garantito che in qualche modo ci avrebbe sistemati. Ogni promessa è un debito, gente seria i Brindisini per nostra fortuna, e così in men che non si dica troviamo un passaggio: a breve il presidente della Pro Loco, il signor Allegretti (per la serie “a volte ritornano”), passerà davanti a Villa Arcobaleno, direzione Parco Grancia.
Nell’attesa riempiamo lo zaino di tutto il necessario, indumenti per ogni evenienza, snack, acqua, ombrello e insomma, “zaino mio fatti capanna”, e torniamo bambini nel piccolo parco giochi dell’hotel. Il cielo è così limpido che ci si potrebbe specchiare e il sole getta un manto dorato attorno noi. Poi all’improvviso tutto diventa scuro. Continuo a pensare che avrei dovuto portare con me l’amuleto. Un nuvolone grigio ha deciso di venire a piangere proprio sopra le nostre teste. Che fosse rabbia o tristezza, si è sfogato in fretta, giusto il tempo di farci prendere un bello spavento. Non appena riceviamo la chiamata di Allegretti, infatti, la pioggia cessa e man mano che ci avviciniamo al “Bivio Grancia” lo spauracchio del temporale s’allontana.
Sono le 11.45 e abbiamo appena acquistato i nostri biglietti. Aspettando “Il percorso natura” a cura di Stefano Filippi, ci accomodiamo nell’area pic-nic della Piazza Alta. Il mio fedele sodale studia diligentemente il programma della giornata che comprende attrazioni di ogni genere: spettacoli teatrali, concerti, dimostrazioni di tiro con l’arco, visite guidate, esposizioni e degustazioni di prodotti tipici e per concludere, naturalmente, il cinespettacolo “La storia bandita”. Io immediatamente stringo amicizia con gli asinelli della “Fattoria degli Animali” e lascio che tutta questa natura mi trasporti in un’altra dimensione. Per di più, Brindisi di Montagna vista da qui sembra l’ambientazione di un romanzo di Tolkien.
Alle 12.15 comincia il “Percorso natura”, durante il quale Stefano ci mostra dove si terranno le diverse attività e ci descrive accuratamente la flora e la fauna del posto, soffermandosi ad indicarci gli usi di alcune piante nel Medioevo. Dopo mezz’ora di visita guidata ci ritroviamo in un altro punto di grande interesse per tutti noi qui presenti: il “Borgo dei Sapori”, ovvero la zona destinata al ristoro. Ogni locanda offre prodotti tipici e menù differenti e c’è davvero l’imbarazzo della scelta, persino per i vegetariani. Ma per il pranzo è ancora presto, perciò continuiamo a passeggiare e perlustrare ogni angolo dell’immensa Foresta. Alla fine scopriamo un bel posticino fresco, una panchina lambita dall’ombra benevola delle querce, e qui ci rilassiamo coccolati dai suoni del bosco e dai profumi delle promettenti cucine.
Poi succede. Succede quello che nessun meteorologo aveva previsto, quello che nessuno di noi s’aspettava con quel sole brillante nel cielo sereno. Comincia a piovere. E di brutto per giunta. Mentre corriamo a ripararci sotto la tettoia dell’area pic-nic non facciamo altro che domandarci: cosa ne sarà della nostra giornata speciale al Parco della Grancia? [Sara Calculli]
continua...
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